Scandalo forno crematorio di Biella – come tutelarsi e chiedere i danni
I Carabinieri del nucleo operativo, nell’ambito di una inchiesta coordinata dal procuratore di Biella dott.ssa Teresa Angela Camelio, hanno effettuato un blitz il 26 ottobre 2018 presso il tempio crematorio di Biella e, secondo le prime indiscrezioni, avrebbero accertato numerose e gravi irregolarità nella gestione delle procedure di cremazione, allo scopo di risparmiare sui costi e recuperare materiali preziosi; sembra che i militari abbiano addirittura trovato resti umani in alcuni scatoloni abbandonati. L’impianto Tempio crematorio di Biella, gestito dalla SOCREBI Srl (Società Cremazione Biella) è stato sottoposto a sequestro preventivo ed è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – gia convalidata dal Gip – nei confronti di due persone: Alessandro Ravetti, amministratore delegato della Socrebi, ed un suo dipendente, Claudio Feletti, 56enne di Ponderano (Biella), ma ci si aspetta ulteriori sviluppi dalle indagini in corso, e ulteriori indagati, e presumibilmente non solo tra i dipendenti della società.
Le accuse – supportate da filmati con telecamere nascoste – sono gravissime e stando alle notizie disponibili vanno dalla distruzione di cadavere e violazione di sepolcro, gestione pericolosa di rifiuti ed istigazione alla corruzione, ma potrebbero aggiungersi altre ipotesi di reato, legate ai costi e tempi delle cremazioni: al fine di potenziare al massimo il numero delle cremazioni, diversi corpi venivano bruciati insieme, con la conseguenza che le ceneri consegnate ai parenti nelle urne cinerarie venivano mescolate, mentre in altri casi venivano buttate dentro contenitori dell’immondizia indifferenziata nei pressi del cimitero, e le urne consegnate ai parenti contenevano parti di sabbia invece che solo le ceneri dei loro cari: sono difatti stati sequestrati anche ben 240 kg tra ossa e ceneri non smaltite. Inoltre per velocizzare il ciclo delle cremazioni dei corpi – che normalmente impiega oltre 2 ore – i corpi venivano estratti dalle bare sigillate allo zinco, riducendo il tempo necessario quasi della metà ed evitando lo spegnimento del forno e la costosa pulizia dei filtri; in alcuni casi per accelerare le operazioni di disgregazione dei resti mortali, si frantumavano i residui di ossa dei corpi con asce e roncoli.
In pochi mesi era più che triplicato il numero di operazioni di cremazione della Socrebi, passando così ad un aumento di + 441 % di produzione, e ciò grazie alla violazione dei numerosi adempimenti prescritti dalla legge, tanto che il PM ha parlato di “Una lugubre catena di montaggio della morte, a fini di lucro”.
Il forno crematorio, del valore di circa due milioni di euro, si trova all’interno del cimitero di Biella ed è stato costruito proprio dalla Socrebi, società satellite dell’impresa di pompe funebri Ravetti, in cambio della gestione in concessione del servizio per ben 27 anni da parte del Comune di Biella, secondo uno schema che ha mostrato, ormai in ogni settore, il deciso sbilanciamento delle posizioni contrattuali a favore dei concessionari e conseguente abuso delle posizioni dominanti per massimizzare i profitti senza il rispetto delle regole.
Aggiornamento 05 novembre 2018 – Salgono come previsto a dieci le persone indagate: Oltre all’amministratore delegato della Socrebi, Alessandro Ravetti e Claudio Feletti, scarcerato nei giorni scorsi, c’è Marco Ravetti, fratello di Alessandro, cinque dipendenti della Socrebi e due dipendenti dell’impresa funebre Ravetti. Tutti gli indagati sono già stati interrogati confrontandosi con le immagini del video raccolto dai carabinieri dove si vedono cremazioni multiple di cadaveri.
Aggiornamento 09 novembre 2018 – Negati gli arresti domiciliari ad Alessandro Ravetti, amministratore della Socrebi, lo ha deciso il Tribunale del Riesame, rigettando l’istanza presentata dai suoi avvocati che chiedevano misure cautelari alternative alla detenzione in carcere.
Aggiornamento 19 dicembre 2018 – scarcerato Alessandro Ravetti, le indagini sono estese a tutti i familiari Ravetti e dipendenti della Socrebi e si avviano rapidamente a conclusione.
Aggiornamento 23.01.2019: sale a 500 il numero delle denunce presentate dai nostri legali sulla vicenda Tempio crematorio di Biella, mentre la Procura si appresta a chiudere le indagini e richiedere il rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Presentata denuncia di Codacons contro il Comune e gli enti coinvolti nei mancato controlli e la Procura iscrive tra gli indagati dei funzionari.
Aggiornamento marzo 2019: sono state dichiarate chiuse le indagini preliminari dalla procura di Biella e si è in attesa della fissazione della udienza preliminare o giudizio immediato.
Aggiornamento aprile 2019: acquisiti tutti gli atti di indagine ex art. 415 bis cpp, proposta motivata opposizione alla richiesta di archiviazione sulle 500 querele di Codacons, presentata memoria difensiva in tutti gli altri fascicoli penali.
Aggiornamento maggio 2019: dissequestrato il Tempio dal Gip; Codacons invia immediata diffida al Comune di Biella per imporre la risoluzione del contratto a Socrebi ed i Ravetti; il Comune avvia la procedura di revoca della concessione.
Aggiornamento giugno 2019: fissata per il 15 luglio 2019 l’udienza davanti al Gip per discutere il patteggiamento richiesto da 8 indagati; Codacons ha depositato memoria con la quale oppone la richiesta di pena a due anni; attesa la fissazione di udienza preliminare per gli altri indagati.
Aggiornamento luglio 2019: estratto il DNA dal consulente scientifico di Codacons e trovato un doppio profilo in una urna del giugno 2017, proseguono le analisi.
08 gennaio 2020: udienza preliminare con imputati i due fratelli Ravetti, negato il patteggiamento ed il rito abbreviato condizionato, gli imputati hanno chiesto il rito abbreviato, il giudice rinvia al 22 maggio 2020
Aggiornamento 06.10.2020 – Condannato Alessandro Ravetti alla pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione e Marco Ravetti a 5 anni di reclusione; lo ha deciso il GIP del Tribunale di Biella, all’esito del giiudizio abbreviato chiesto dagli imputati, che sono condannati anche al risarcimento, con provvisionale a favore delle parti civili costituite.
Aggiornamento 21.05.2021 – Il GIP del Tribunale di Biella conferma la archiviazione richiesta dal PM su tutte le querele presentate dalle oltre 500 famiglie rimaste escluse dagli accertamenti dei Carabinieri, ed afferma che le loro richieste potranno comunque essere fatte valere in sede civile.
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